Sec. VI-IX
Nella Storia del bizantino Menandro Protettore (VI secolo) gli avari appaiono come un gruppo etnico eterogeneo la cui lingua è affine a quella degli unni. Sull’origine degli avari si conosce poco. Tenendo conto delle scarse informazioni in nostro possesso, si può dire che gli avari non erano un popolo bensì una confederazione, un universo nomade e seminomade organizzato in una struttura politica rigida, basata sul modello del khanato ovvero un insieme di tribù unite dall’autorità di un capo carismatico (il khan o khagan) e dal perseguimento di un obiettivo economico comune. La loro origine sarebbe da collocare nell’Asia centro-orientale e apparterrebbero al ceppo uralo-altaico, sovente semplificato con l’aggettivo “turco” o “turcico”. Stabilitisi nell’area del Volga, si spostarono verso occidente fino a giungere nella pianura pannonica, dove costituirono uno degli Stati seminomadi più solidi della storia altomedievale. Le loro incursioni in Europa furono frequenti e spesso ebbero gravi conseguenze. La loro politica estera fu altalenante e passarono più volte dall’alleanza all’aperto conflitto, soprattutto con Bisanzio. Alla fine dell’VIII secolo l’esercito di Carlo Magno li sconfisse definitivamente dando avvio al loro rapido declino, fino alla quasi totale scomparsa avvenuta nei primi anni del IX secolo.
Bibliografia: W. Pohl, Le origini etniche dell’Europa, Roma 2000; F. Curta (a cura di), The Other Europe in the Middle Ages: Avars, Bulgars, Khazars, and Cumans, Cambridge 2008.