Dawson Ch.
La nascita dell’Europa
Einaudi Torino 1959
Scheda a cura di: Dawson Ch.
Dalla prefazione:
"È impossibile tirare una netta linea divisoria fra un periodo e l’altro, soprattutto nella storia di un processo cosi vasto e complesso com’è la nascita di una civiltà, e per conseguenza la data che ho scelto a segnare il termine di questa scorsa è una faccenda di utilità pratica piuttosto che di definizione scientifica. Ciò nonostante, e indubbio che il secolo XI segnò un periodo decisivo nella storia europea, con la fine della “età oscura ” e l’apparizione della cultura occidentale. I precedenti risvegli culturali del tempo di Giustiniano o di Carlo Magno erano stati parziali e temporanei, ed erano stati seguiti da periodi di declino, ciascuno dei quali era parso sul punto di ridurre l’Europa a uno stadio di barbarie e di confusione anche peggiore di quanti non ne avesse mai conosciuto. Ma col secolo XI comincia un moto di progresso che dura poi quasi senza interruzione fino ai tempi moderni. Questo movimento si rivela con nuove forme di vita in ogni campo di attività sociale, nel commercio, nella vita cittadinesca e nell’organizzazione politica, come nella religione, nell’arte e nelle lettere. Esso sta a fondamento del mondo moderno non soltanto perché creò istituzioni che sarebbero rimaste tipiche della nostra cultura, ma soprattutto perché formò quella società di popoli che, più di ogni semplice unità geografica, è quanto chiamiamo “Europa”. Questa nuova civiltà tuttavia era ancora ben lungi dall’abbracciare l’Europa tutta quanta, o per lo meno tutta l’Europa occidentale. All’inizio del secolo XI l’Europa era pur sempre suddivisa, come era stata per secoli, in quattro o cinque diverse province culturali, fra le quali la cristianità occidentale non sembrava affatto la più potente né la più incivilita. C’era la cultura nordica dell’Europa nord-occidentale, che giusto allora cominciava a divenire parte del mondo cristiano, serbando tuttavia un’indipendente tradizione di cultura. Nel Sud c’era la cultura occidentale musulmana della Spagna e dell’Africa settentrionale, che in sostanza comprendeva l’intero bacino del Mediterraneo occidentale. In Oriente, la cultura bizantina dominava i Balcani e l’Egeo e aveva ancora presa in Occidente, attraverso l’Italia meridionale, l’Adriatico e le città mercantili italiane, come Venezia, Amalfi e Pisa; mentre più a nord, dal Mar Nero al Mar Bianco e al Baltico, il mondo degli Slavi, dei Balli e dei popoli ugrofinnici era tuttora in gran parte pagano e barbarico, per quanto cominciassero a toccarlo influssi della cultura bizantina del Sud, della cultura nordica della Scandinavia e della cultura musulmana dell’Asia centrale e del Caspio. Così quella cultura che consideriamo come tipicamente occidentale ed europea era tutta racchiusa entro i confini dell’antico impero carolingio, e aveva il suo centro negli antichi territori franchi della Francia settentrionale e della Germania occidentale. Nel secolo X, come abbiamo veduto, era compressa da ogni lato e tendeva persino a contrarre le sue frontiere. Ma il secolo XI vide la ripresa della marca e il rapido espandersi in tutte le direzioni di questa cultura centrale del continente. In Occidente la conquista normanna strappò l’Inghilterra dalla sfera culturale nordica che per due secoli aveva minacciato di assorbirla, e la incorporò alla società continentale; a settentrione e a oriente questa medesima conquista ottenne a poco a poco il predominio sugli Slavi occidentali e col suo influsso culturale penetrò nella Scandinavia; mentre a Sud si pose con l’energia dei crociati alla grande impresa di ritogliere il Mediterraneo alla potenza islamica. In questo modo i popoli dell’Impero franco imposero la loro egemonia sociale e i loro ideali di cultura a tutti i popoli circostanti, cosicché l’unità carolingia può senza esagerazione venir considerata la base e il punto di partenza di tutto quanto lo sviluppo della civiltà occidentale nel Medioevo. È vero che l’Impero carolingio aveva da tempo perduto la sua unità, e Francia e Germania si tacevano sempre più consapevoli delle loro differenze nazionali. Entrambe, tuttavia, si volgevano indietro a guardare alla medesima tradizione carolingia, e la loro cultura era composta dei medesimi clementi, per quanto ne fosse diversa la proporzione. Esse erano sempre, in essenza, il regno franco occidentale e quello orientale, sebbene, come fratelli che prendono da due diversi rami della famiglia, fossero più spesso consapevoli delle differenze che non della somiglianza. Nei due casi, tuttavia, la direzione spirituale fu privilegio delle regioni intermedie, di quei territori dell’Impero che erano più latinizzati, e quelli della Francia dove l’elemento germanico era più forte: la Francia settentrionale, la Lorena e la Borgogna, le Fiandre e la valle del Reno. Soprattutto, fu a capo del movimento di espansione la Normandia, dove gli elementi nordici e quelli latini erano in più reciso contrasto e a più immediato contatto. Questo territorio mediano, che si estendeva dalla Loira al Reno, fu la vera patria della cultura medievale e la fonte delle sue creazioni caratteristiche. Esso fu la culla dell’architettura gotica, delle grandi scuole medievali, del movimento di riforma monastica ed ecclesiastica e dell’ideale delle crociate. Fu il centro del tipico sviluppo dello stato feudale, del movimento comunale nord-europeo e dell’istituto della cavalleria. Fu qui che venne finalmente raggiunta una completa sintesi del Nord germanico e dell’ordine spirituale della Chiesa e delle tradizioni della cultura latina. L’età delle crociate vide apparire un nuovo ideale etico e religioso, che rappresenta la trasposizione in forme cristiane dell’antico ideale eroico della cultura guerresca nordica. Nella Chanson de Roland troviamo gli stessi sentimenti che ispiravano l’antica epica pagana : la fedeltà del guerriero al suo signore, la gioia della guerra per la guerra, e soprattutto la glorificazione della sconfitta onorevole. Ma ora tutto ciò è subordinato al dovere di servire la cristianità e messo a contatto con gli ideali cristiani. Il caparbio rifiuto di Rolando di suonare il corno è interamente nella tradizione, della vecchia poesia, ma nella scena della morte al posto dello sdegnoso fatalismo degli eroi nordici come Hogni e Hamdis c’è l’atteggiamento cristiano della sottomissione e del pentimento. “Verso la terra di Spagna egli volse la faccia, sicché Carlo e tutto il suo esercito potessero scorgere ch’era morto da valoroso vassallo con la faccia rivolta al nemico. Poi si confessò, pieno di santo zelo, e levò il suo guanto al cielo in pegno dei suoi peccati” [1]. È vero che l’ideale eroico aveva già trovata un’espressione nella letteratura dei popoli cristiani, soprattutto nel nobile lamento di Maldon con quei grandi versi: “La mente sarà più risoluta, il cuore più indomito, il coraggio più grande, via via che perderemo la forza”. Ma qui per ora troviamo ben poca traccia di sentimento cristiano [2]. Sopravvive intatta l’antica tradizione. Invero, per tutta la “età oscura” la società occidentale fu caratterizzata da un dualismo etico che corrispondeva a un dualismo culturale. C’era un ideale per il guerriero e un altro ideale per il cristiano, e il primo apparteneva ancora in ispirito al mondo barbarico del paganesimo nordico. Solo nel secolo XI la società militare venne incorporata nell’organismo spirituale del mondo cristiano sotto l’influsso dell’ideale delle crociate. L’istituto della cavalleria è il simbolo della fusione delle tradizioni nordiche e cristiane nell’unità medievale, ed essa rimarrà tipica della società occidentale dal tempo della Chanson de Roland sino al giorno in cui, durante il passaggio della Sesia, nei tempi di Lutero e di Machiavelli, il suo ultimo rappresentante, Baiardo, “il buon cavaliere”, morirà come Rolando col viso rivolto verso gli Spagnoli. Il Medioevo è infatti l’epoca del cattolicesimo nordico, e durò solamente finche durò l’alleanza tra il papato e il Nord: un’alleanza che era stata inaugurata da Bonifacio e Pipino, e rassodata dall’opera del moto settentrionale di riforma ecclesiastica nel secolo XI, moto ch’ebbe la sua origine nella Lorena e nella Borgogna. Quest’alleanza fu spezzata per la prima volta da un altro Bonifacio e da un altro re dei Franchi, alla fine del secolo XIII, ma, sebbene dopo di allora non si ricostituisse mai più interamente, tuttavia rimase la pietra angolare dell’unità occidentale, sino a quando il papato non divenne una potenza del tutto italiana e i popoli del Nord cessarono di essere cattolici. Ma, sebbene la cultura medievale fosse la cultura del Settentrione cristiano, la sua faccia, come quella di Rolando, era rivolta verso il Sud islamico, e non c’era terra dal Tago all’Eufrate dove i guerrieri nordici non avessero versato il loro sangue. Principi normanni regnavano in Sicilia e ad Antiochia, principi lorenesi a Gerusalemme e a Edessa, principi borgognoni nel Portogallo e ad Alene, principi fiamminghi a Costantinopoli; e i ruderi dei loro castelli nel Peloponneso, in Cipro e in Siria, testimoniano ancora della potenza e dell’iniziativa dei baroni franchi. Questo contatto con la superiore civiltà del mondo islamico e bizantino ebbe un influsso decisivo sull’Europa occidentale, e fu tra i più importanti clementi che contribuirono allo sviluppo della cultura medievale. Esso si rivelò, da una parte, nella formazione della nuova cultura aristocratica cortigiana e della nuova letteratura dialettale, e, dall’altra, nell’assimilazione della tradizione scientifica greco-araba e nella formazione di una nuova cultura intellettuale d’Occidente[3]. Questi influssi rimasero vivi finche non li arrestò la rinascita della tradizione classica, che coincise con la conquista turca dell’Oriente e la separazione dell’Europa occidentale dal mondo islamico. Con la fine del Medioevo, l’Europa volse la schiena all’Oriente e cominciò a guardare all’Atlantico. Così l’unità medievale non era duratura, perché fondata sull’unione della Chiesa e dei popoli nordici con un lievito d’influssi orientali. Tuttavia, il suo tramonto non significò la fine dell’unità europea. Al contrario, la cultura occidentale divenne più autonoma, più autosufficiente e più occidentale che mai. La perdita dell’unita spirituale non implicò la separazione dell’Occidente in due unità culturali esclusive e nemiche, come sarebbe certamente accaduto se essa fosse successa quattro o cinque secoli prima. A dispetto della separazione religiosa, l’Europa conservo la sua unità culturale, ma stavolta fondata più su una tradizione intellettuale comune e una comune fedeltà alla tradizione classica che non su una fede comune. La grammatica latina prese il posto della liturgia latina come legame di questa unità intellettuale, e il dotto e il gentiluomo presero il posto del monaco e del cavaliere come figure rappresentative della cultura occidentale. I quattro secoli di cattolicesimo nordico e d’influsso orientale vennero seguiti da quattro secoli di umanesimo e di autonomia occidentale. Nei nostri giorni l’Europa è minacciata dalla fine della cultura aristocratica e laica su cui si fondava la seconda fase della sua unità. Sentiamo di nuovo il bisogno di un’unità spirituale o almeno morale. Siamo coscienti dell’insufficienza di una cultura puramente umanistica e occidentale. Non possiamo pili appagarci di una civiltà aristocratica, che trova la sua unità in cose esteriori e superficiali, e trascura le esigenze più profonde della natura spirituale dell’uomo. E, nello stesso tempo, non abbiamo più l’antica fiducia nell’innata superiorità della civiltà occidentale e nel suo diritto a dominare il mondo. Siamo consapevoli dei titoli delle razze e delle culture soggette e sentiamo la necessità di una protezione, contro le forze insorgenti del mondo orientale, come di un più stretto contatto con le sue tradizioni spirituali. In che modo queste necessità possano venire soddisfatte, o se sia possibile soddisfarle, per ora lo possiamo soltanto congetturare. Ma è bene ricordare che l’unità della nostra civiltà non poggia soltanto sulla cultura laica e sul progresso materiale degli ultimi quattro secoli. Ci sono in Europa tradizioni più profonde di queste; e dobbiamo risalire oltre l’Umanesimo e i trionfi superficiali della civiltà moderna, se vogliamo scoprire le fondamentali forze sociali e spirituali che lavorarono alla formazione dell’Europa.
Note [1] Chanson de Roland, vv. 2360-65- Anche i vv. 2366-96.
[2] È vero però che nelle ultime parole di fìrythnoth risuona una nota religiosa: “Ti ringrazio, o Signore dei Popoli, per tulle le gioie che ho conosciuto nel mondo. Ora, grazioso Signore, ho somma necessità che Tu conceda bene al mio spirito, perché la mia anima possa salire fino a Te, possa passare in pace nella Tua tutela, Principe degli Angeli”. Ma il vertice morale della poesia si trova piuttosto nelle estreme parole del ” vecchio compagno”: “Sono vecchio di anni; non me ne andrò di qua, ma voglio giacere al fianco del mio signore, dell’uomo che tanto amavo”. Cfr. Anglo-Saxon Poetry (trad. R. K. Gordon). pp. 364-67."
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Pdf completo: La Nascita dell'Europa