Bowlus C.R.
The Battle of Lechfeld and its Aftermath, August 955
The end of the Age of Migrations in the Latin West
Ashgate Publishing, Ltd, Aldershot (UK) - Burlington (VT) 2006
Scheda a cura di: Bowlus C.R.
pp. XXIV-223
Charles Bowlus, professore americano dell’Università dell’Arkansas, continua a pubblicare contributi preziosi per la storia militare del Medioevo in Europa centrale. Questa volta si cimenta con un soggetto per certi versi ristretto, ma di grande valore per le sue implicazioni generali: procede, infatti, a un’attenta rilettura delle fonti scritte e archeologiche della battaglia di Lechfeld grazie alla quale, nell’agosto del 955, le armate di Ottone I, mettendo fine alle incursioni degli Ungari, liberano l’Occidente latino dalla piaga delle cicliche devastazioni compiute dalle società nomadi delle steppe (se si esclude la parentesi mongola del XIII secolo).
Le fonti scritte che Bowlus analizza con rigore sono essenzialmente due. La prima è costituita dalla Vita Uodalrici, biografia del vescovo di Augusta Ulrich, a lungo tenace difensore della sua sede episcopale soggetta ai continui assalti ungari, composta dal prevosto Gerhard che contiene un lungo capitolo dedicato alla battaglia. La seconda, invece, è costituita dal racconto degli eventi del 955 compilato dal monaco sassone del monastero di Corvay Widukind e contenuto nel suo Res gestae Saxonicae (Bowlus fornisce al lettore una comoda appendice che conserva i brani più significativi delle due fonti per la comprensione del saggio in traduzione inglese).
La prima sezione del lavoro (cap. 2) è dedicata all’analisi delle strategie militari tipiche dei popoli delle steppe dell’Asia centrale che, grazie alla mobilità e all’uso delle frecce, sembravano garantire l’assoluto vantaggio sulle forze militari delle società agrarie dei vicini occidentali. Bowlus allora cerca di far luce sulla vulnerabilità delle strategie e delle tattiche degli Ungari che, invincibili agli occhi dei contemporanei ma anche per molti storici attuali, determinarono la clamorosa sconfitta dell’agosto del 955. Si appella allora alla competenza dell’imperatore bizantino Maurizio che, scrivendo intorno agli Avari nel 600, ricordava i due limiti delle armate delle steppe: prima di tutti i loro cavalli avevano continuo bisogno di pascoli di sterminate estensioni anche durante la campagna militare e, secondo, le loro frecce erano inefficaci in caso di maltempo. Bowlus allora coglie nella nuova locazione degli Ungari, quella del bacino carpatico, le principale causa dell’indebolimento del potenziale bellico; l’ecologia del nuovo spazio che fungeva da base per l’attività predatoria ai danni dell’Occidente latino non era infatti quello delle steppe dell’Asia centrale e non era congeniale alla piena riuscita al “warfare” ungaro di chiara matrice asiatica. Bowlus calcola, ad esempio, che avrebbe potuto sostenere non più di 15000 cavalli montati da arcieri riducendo drasticamente i numeri finora considerati.
La seconda sezione del saggio (3 capitolo) è dedicata invece all’analisi delle forze armate ottoniane. In particolare, Bowlus rivolge l’attenzione alle riforme militari inaugurate negli anni 20 del X secolo dal re Enrico I (919-36) in seguito ai primi confronti con le forze ungare. Attraverso i resoconti delle battaglie susseguitesi durante la campagna anti ungara del 933, lo studioso cerca di dimostrare che, nonostante la preminenza della cavalleria pesante, l’esercito si fa più articolato e dunque più flessibile consentendo manovre strategiche più complesse e più ingegnose con il supporto attivo delle fortezze.
La sezione successiva (4 capitolo) offre invece un quadro dettagliato e cronologico dei rapporti tra gli Ungari e l’Occidente latino (in particolare Baviera, Boemia, Moravia e Bassa Pannonia) dalla fine del IX secolo attraverso un’attenta analisi delle fonti per poi focalizzare l’attenzione sugli anni immediatamente precedenti allo scontro di Lechfeld del 955. Bowlus, infatti, ricorda la ribellione del 953 capeggiata dal duca di Suebia Liudolf e dal duca di Lotaringia Corrado ai danni di Ottone che provoca l’intervento degli Ungari in Occidente lungo numerose direttrici (è ancora una questione aperta la valutazione dell’effettiva responsabilità dei protagonisti della contesa per il titolo prezioso di re d’Italia).
Infine l’autore ricostruisce le dinamiche precise della campagna militare anti ungara organizzata nell’agosto del 955 e gli scontri più significativi (capitoli 5 e 6) riflettendo infine sull’incremento del culto di san Lorenzo in Baviera poiché proprio al favore del martire si attribuiva la vittoria ottoniana.