Sec. IX-X
Il canone paleoslavo, la cui prima definizione risale ad A. Leskien (1840-1916), comprende quell’insieme di manoscritti antichi che meglio rispecchiano i tratti fonetici degli antichi dialetti bulgaro-macedoni (le palatalizzazioni *dj > žd, *tj > št, gli jer e le vocali nasali), e sulla cui base gli studiosi moderni hanno potuto ricostruire la grammatica della lingua paleoslava. Tradizionalmente vi sono inclusi dodici codici (scritti in alfabeto glagolitico o cirillico): Zografense, Mariano, Assemani, Suprasliense, Libro di Savva, Salterio Sinaitico, Eucologio Sinaitico, Glagolita Cloziano, Fogli di Kiev, di Rila, di Ocrida e di Hilandar. Questi manoscritti risalgono tutti al x-xi secolo e, fatta eccezione per i Fogli di Kiev, provengono dall’area bulgaro-macedone. Vi sono poi sette codici acquisiti in epoca più recente, sulla cui appartenenza al canone gli studiosi non sono concordi: Apostolo di Enina, Messale Sinaitico, Palinsesti di Bojana, Zografense e Vaticano, Fogli di Undol’skij e Zografensi.
Bibliografia: Schenker 1995, pp. 189 ss.; Marcialis 2007, pp. 37-46.