Sec. VII-XV
Il ritmo di vita della prima civiltà slava era regolato dal ciclico alternarsi delle stagioni. Di questa scansione naturale conservano memoria i nomi in slavo comune dei mesi dell’anno, prima che molte lingue slave recepissero dal mondo greco e latino il sistema dei dodici mesi dedicati alle divinità del pantheon indoeuropeo. L’ucraino, il ceco, il polacco e il croato hanno invece preservato, almeno in parte, le più antiche denominazioni. I protoslavi calcolavano il tempo sulla base dei cicli lunari, iniziando dalla primavera, e contavano tredici mesi, che quindi corrispondono ai nostri mesi solo in maniera approssimativa. Marzo era il primo mese, quando rinverdivano le betulle (*berzĭnĭ); seguivano il mese dei fiori (rus. dialettale cveten’) e quello dell’erba (sl. eccl. trěvĭnĭ); poi si raccoglievano i primi frutti e sbocciavano i fiori rossi (rose, peonie ecc.; *čĭrvĭnĭ); il quinto mese era caratterizzato dalla fioritura dei tigli (sl.or. lipenĭ) e il mese seguente dalla mietitura (*sĭrpĭnĭ); il settimo mese coincideva con il periodo della fioritura dell’erica (*versĭnĭ); l’ottavo, che segnava l’inizio dell’autunno, era il mese “giallo” (*rujĭnĭ); nel nono cadevano le foglie (*listopad); poi, con l’arrivo dell’inverno, la terra iniziava a gelare, formando dei cumuli su cui si sarebbe addensata la neve (*grudĭnĭ); il secondo mese dell’inverno era detto *prosinĭcĭ; successivamente si abbattevano gli alberi per la catasta (*sěčĭnĭ). L’anno si concludeva con il “piccolo sečen’”, prima dell’arrivo della nuova primavera.
Bibliografia: F. Miklosich, Die Slavischen Monatsnamen, Wien 1867; V. Šaur, K voprosu o rekonstrukcii praslavjanskich nazvanij mesjacev, in Etimologija 1971, Moskva 1973, pp. 93-101.