Sec. X - XV
Primo arcivescovo della Chiesa serba, Sava, al secolo Rastko, è una delle più eminenti figure del medioevo nei Balcani. Figlio dello župan di Rascia (Raška), Stefano Nemanja (1113-1199), Rastko (1174 ca.-1235) intorno al 1192 abbandonò la casa paterna e si recò sul monte Athos, stabilendosi nel monastero di San Pantaleone. Nonostante la resistenza della famiglia divenne monaco, prendendo il nome di Sava (Saba). Nel 1196 il padre abdicò al trono in favore del secondogenito Stefano e divenne monaco con il nome di Simeone, raggiungendo anch’egli il monte Athos. Nel 1198 Sava e Simeone, insieme ai compagni, si trasferirono nel monastero di Hilandar (cfr. riquadro 106, p. 239). Per questa comunità monastica lo stesso Sava scrisse una regola, il Tipikon di Hilandar, in slavo ecclesiastico. Dopo la morte del padre (1199), Sava, divenuto archimandrita, si adoperò per la canonizzazione e la diffusione del culto del padre. Dopo la creazione dell’impero latino d’Oriente, abbandonò il monte Athos (1206-07), stabilendosi nel monastero di Studenica in Serbia, di cui divenne igumeno. Il principato serbo intanto aspirava al riconoscimento della propria entità statale e all’autonomia ecclesiastica. Dal punto di vista ecclesiastico gran parte della Serbia dipendeva dall’arcivescovato di Ocrida (se si esclude la giurisdizione latina di Antivari). Sava, ritornato per breve tempo sul monte Athos, si recò nel 1219 a Nicea in Asia Minore e fu consacrato dal patriarca Manuele arcivescovo di Serbia, sancendo de facto l’autocefalia della Chiesa serba. Ritornato in patria, si stabili a Žica e si impegnò alacremente alla costituzione della Chiesa serba, istituendo nuove diocesi, convocando un’assemblea del clero, opponendosi alla diffusione dell’eresia bogomila e alla sopravvivenza delle tradizioni pagane. Dopo la morte del re Stefano (1228), nel 1229 Sava partì per un pellegrinaggio in Palestina, di ritorno passò per Nicea e fece tappa successivamente sul monte Athos e a Tessalonica. In patria Sava, sulla base del Typikon gerosolimitano, introdusse significative riforme nella vita liturgica della Chiesa serba. Nel 1233 Sava rinunciò alla sua dignità di primate della Chiesa serba, designando suo successore Arsenio, e intraprese un ultimo nuovo viaggio in Oriente, visitando Gerusalemme e il Sinai, Alessandria d’Egitto e la Tebaide. Dopo una breve tappa a Costantinopoli, Sava giunse già gravemente malato a Tărnovo e morì (1235). Sepolto nella chiesa dei Quaranta martiri della capitale bulgara, due anni dopo le sue reliquie vennero solennemente trasportate dal re Stefano Vladislav in Serbia nel monastero di Mileševo, da cui nel 1594 furono sottratte e bruciate dai turchi.La sua canonizzazione avvenne probabilmente fra la fine del XIII e l’inizio del XIV secolo, e il suo culto, largamente diffuso non solo in Serbia, in cui è il santo più popolare, ma anche in genere nella Slavia ortodossa, ha lasciato ampie tracce sia nelle arti figurative sia nel folclore. Le principali fonti per la ricostruzione della biografia di Sava sono la Vita scritta dal suo discepolo Domenziano, qualche anno dopo la sua morte, e la Vita scritta da Teodosio di Hilandar, che dipende in buona parte dalla prima.
Bibliografia: S. Ćirković (a cura di), Medjunarodni Naučni Skup. Sveti Sava u Srpskoj istoriji i tradiciji, Beograd 1998; D. Obolensky, Ritratti dal mondo bizantino, Milano 1999, pp. 135-92.