Vernadsky, George V.

Studioso della storia russa conosciuto, in primo luogo, per la sua adesione al movimento Eurasista con una caratteristica percezione di unicità storica dello Stato russo-ortodosso, ha sviluppato una netta contrapposizione fra le civiltà dell'Europa occidentale e il nomadismo asiatico.

Biografia

G.V. nacque a San Pietroburgo il 20 agosto 1887 in una tipica famiglia di intellettuali russi del periodo prerivoluzionario fortemente legati al mondo universitario di Mosca e di San Pietroburgo. Il nonno di Vernadsky, Ivan Vasil'evič (1821-1884), insegnò economia politica e statistica presso l'Università di Mosca e, dopo essersi trasferito a San Pietroburgo, fu professore all'Istituto Pedagogico Centrale. Anche suo padre, Vladimir Ivanovič (1863-1945), tenne la cattedra come professore ordinario di mineralogia all'Università di Mosca durante il periodo 1898-1911.
    George Vernadsky si iscrisse senza difficoltà presso la Facoltà di Storia e Filologia dell'Università di Mosca nel 1905. Tuttavia, subito dopo la sua iscrizione, l'Università di Mosca fu chiusa a causa della prima Rivoluzione. A causa di questi eventi Vernadsky viaggiò in Germania, dove durante il 1906 frequentò lezioni sulla storia e filosofia europea presso le prestigiose Università di Berlino e di Friburgo. Alla fine del 1906 Vernadsky riprese gli studi nell'Università di Mosca, dove studiò fino al 1910 sotto la guida di importanti studiosi russi. Tra i suoi maestri più rilevanti va segnalato il celebre storico Vasilij Kliučevskij (1841-1911), le cui ricerche sulle caratteristiche culturali della nazione russa ebbero un impatto diretto sulle successive opere di Vernadsky.
    Nella primavera del 1910 Vernadsky si laureò con una tesi sulle riforme amministrative dell'imperatrice Caterina II (1762-1796), Il programma comunitario dei cahiers de doléances per la Commissione imperiale del 1767, e progettava di proseguire gli studi a Mosca, studiando la colonizzazione russa della Siberia. Tuttavia, i suoi progetti furono interrotti da avvenimenti imprevisti all'Università di Mosca. Nei primi mesi del 1911, il Ministro della Pubblica Istruzione dell'Impero russo, Lev Kasso (1910-1914), introdusse una serie di misure repressive per eliminare i presunte cellule del dissenso politico. La Riforma Kasso ebbe lo scopo di limitare l'autonomia amministrativa delle università in Russia e provocò una dimissione collettiva della maggior parte dei docenti universitari moscoviti, decisione alla quale aderì anche il padre di Vernadsky. Dopo le dimissioni, il padre di Vernadsky si trasferì con la sua famiglia a San Pietroburgo, dove fu subito ammesso all'Accademia Imperiale delle Scienze. George Vernadsky invece, fu costretto a interrompere gli studi e si trasferì nella tenuta di famiglia nella regione di Tambov. Tuttavia, nel 1913, George Vernadsky tornò nel mondo accademico dopo essere stato nominato docente di storia presso l'Università di San Pietroburgo, grazie agli sforzi del padre.
    Arrivato a San Pietroburgo, Vernadsky utilizzò i materiali archivistici, esplorati in precedenza a Mosca, per pubblicare tre articoli (La migrazione russa a Est, 1914; Verso il Sole. L'espansione dello Stato russo a Est, 1914; I militari e gli industriali in Siberia orientale del secolo XVII, 1915), che evidenziarono i suoi futuri interessi accademici e la direzione della sua ricerca. Nei suoi primi contributi accademici, Vernadsky presentava la sua percezione personale della storia russa e rilevava l'influenza della conquista mongola sulla determinazione dell'orientamento del futuro impero russo. A suo avviso, la subordinazione della Rus' medievale al potere mongolo con il centro politico situato nel profondo dell'Asia, aveva predeterminato la successiva espansione verso Oriente della Moscovia, che rafforzatasi nel XVI secolo, conquistò gradualmente i territori, appartenenti in precedenza all'impero mongolo. Sotto l’evidente influenza del suo maestro, Vasilij Kliučevskij, Vernadsky faceva notare un carattere specifico della mentalità russa con un'intrinseca capacità di assumere senza pregiudizi le influenze straniere, esito del contatto con le variegate condizioni climatiche delle regioni conquistate. D'altra parte, Vernadsky non accennava ancora a una netta distinzione fra cultura russa e mentalità occidentale e presentava la conquista della Siberia in gran parte in forme simili alla colonizzazione contemporanea dell'America Settentrionale.
    Nel 1914 Vernadsky vinse una borsa di studio per completare il corso di master, ma fu costretto a cambiare completamente l’argomento della sua tesi, data l'inaccessibilità degli archivi di Mosca. Discussa nel 1917, la tesi di Vernadsky, La Massoneria russa durante il regno di Caterina II (Russkoe masonstvo v carstvovanie Ekateriny II), analizzava la diffusione degli ideali dell'Illuminismo francese in Russia nella seconda metà del secolo XVIII. Dopo aver difeso la tesi il 22 ottobre 1917, Vernadsky lasciò la capitale per occupare il posto di docente di storia russa presso l'Università di Perm'. Vernadsky partì da Pietrogrado il 25 ottobre 1917, ed ebbe la notizia della rivoluzione bolscevica, avvenuta lo stesso giorno della sua partenza, soltanto al momento dell'arrivo in Siberia.
    A giudicare dai suoi ricordi personali (Perm’ – Mosca - Kiev. Ricordi, 1971), Vernadsky era contento del suo soggiorno, semestrale, a Perm', lontano dalle vicissitudini del terrore rivoluzionario. Tuttavia, nel 1918 Perm' fu conquistata dall'Armata Rossa. La nuova amministrazione sovietica della città esprimeva un evidente sospetto nei confronti dell'affidabilità politica di Vernadsky, per via sia della sua appartenenza al partito dei cadetti, spodestato dai bolscevichi (Vernadsky aderì al Partito democratico costituzionale nel 1906) sia per la sua stretta amicizia con il generale Afanasij Kornilov, uno dei principali organizzatori del movimento Bianco nella Russia divisa.
    Prevedendo un eventuale arresto, Vernadsky lasciò Perm' nell'estate del 1918 e si trasferì a Kiev, dove in questo periodo si stabilirono i suoi genitori. Nell'autunno dello stesso anno, grazie di nuovo alla mediazione di suo padre, Vernadsky fu nominato professore di storia russa presso la filiale in Crimea dell'Università di Kiev, nella città di Simferopoli. Al momento dell'arrivo di Vernadsky in Crimea nell'autunno 1918, la filiale di Simferopoli ricevette lo status di universitò autonoma; e così, Vernadsky ottenne inaspettatamente il titolo di professore ordinario, dopo la fuga forzata da Perm'. Secondo Vernadsky, altrettanto importante per lui era stata l'opportunità di analizzare gli archivi locali del principe Potemkin, che permettevano di studiare dettagliatamente la colonizzazione russa del litorale settentrionale del Mar Nero (La storia della colonizzazione della costa di Mar d'Azov 1698-1701, 1919).
    Con la vittoria dell'Armata Rossa sulle forze del barone Wrangel nel 1920 terminò un periodo di relativa prosperità per Vernadsky a Simferopoli. Il 30 ottobre Vernadsky lasciò la Crimea e si trasferì con la moglie a Costantinopoli. Dopo cinque mesi di gravi difficoltà economiche, egli ricevette un'offerta inaspettata: il posto di bibliotecario presso l'Associazione Archeologica di Grecia (Costantinopoli, 1920-1921. Ricordi, 1972). Nella primavera del 1921, Vernadsky si trasferì ad Atene, dove colse l'occasione di esplorare gli archivi dell'Associazione per lo studio approfondito della storia bizantina. Inoltre, durante il suo soggiorno in Grecia, Vernadsky partecipò personalmente alla riorganizzazione della filiale estera della Chiesa ortodossa russa, e questa nuova attività ebbe un'influenza immediata sui suoi studi.
    Tuttavia il maggior influsso sulle opere di Vernadsky lo ebbe l'invito inaspettato a occupare il posto del professore ordinario della storia del diritto russo presso l'Università di Praga, arrivato nella primavera del 1922 dal suo amico, l'accademico Michael Rostovtzeff (1870-1952), che godeva già a quel tempo una reputazione internazionale grazie ai suoi studi sull'economia del mondo antico. Cinque anni di insegnamento presso l'Università di Praga rappresentarono una fase di svolta nella carriera accademica di Vernadsky. In primo luogo ottenne una base materiale per la ricerca grazie alla politica finanziaria del governo cecoslovacco. In secondo luogo, negli anni Venti, Praga divenne il centro di collaborazione scientifica di eminenti intellettuali russi in esilio, e per Vernadsky gli stretti contatti con i rappresentanti del movimento Eurasista, si rivelarono determinanti.
    I principali esponenti del movimento Eurasista, gli storici russi Petr Savickij (1895-1968; Note geopolitiche sulla storia russa, Praga, 1927) e il principe Nikolaj Trubeckoj (1890-1938, L'eredità di Gengis Khan. L'indagine della storia russa, vista non dall'Occidente, ma dall'Oriente, Berlino, 1925), svilupparono un concetto nuovo della storia russa. Gli eurasisti sostenevano il ruolo unico della Russia nella storia del mondo, determinato dalla sua situazione speciale geografica e culturale, cerniera tra Europa e Asia. Secondo Savickij e Trubeckoj l'unicità del destino storico della Russia era di ereditare gli ideali di potenza mondiale dall’impero di Genghis Khan insieme con una capacità intrinseca a integrare armoniosamente le nazioni orientali. Gli eurasisti tendevano a formulare un forte antagonismo ideologico tra civiltà russa, capace di un’integrazione equiparata delle nuove nazioni senza distruggere loro identità culturale, e l'Europa occidentale, che, secondo gli eurasisti, cercava sempre di “asservire” ideologicamente i popoli conquistati. Savickij e Trubeckoj posero l’accento sull'utilità della loro teoria per la comprensione dei processi politici contemporanei in Russia e presentarono la rivoluzione bolscevica come un tipico esempio di "corruzione" del popolo russo da parte della cultura occidentale, proprio in quanto l'ideologia sovietica si basava sulla filosofia marxista di origine occidentale.
    Un anno di soggiorno ad Atene e la successiva collaborazione con gli eurasisti a Praga, ebbero un diretto impatto sulla formulazione di una nuova percezione della storia russa da parte di Vernadsky.  In un articolo piuttosto lungo, Le unioni ecclesiastiche nella realtà storica (1923), egli interpretava relazioni fra l’Europa orientale e occidentale nella chiave di un antagonismo perenne tra le Chiese ortodosse e latina. A suo avviso, la subordinazione della chiesa bizantina nell'ambito del Concilio di Ferrara-Firenze (1431-1445) e l'Unione di Brest (1596) tra la Chiesa ortodossa ucraina e la Chiesa cattolica polacca, ebbero, ugualmente, le conseguenze fatali per i cristiani d'Oriente. In entrambi i casi la Curia romana approfittò di una posizione debole delle chiese ortodosse. Se da una parte i Bizantini furono ingannati da promesse di aiuti militari contro i Turchi, dall'altra gli ucraini erano sottoposti al "giogo" dei magnati polacchi. Vernadsky, quindi, per la prima volta presentò i rapporti religiosi come fattore importante della politica estera e decisivo per il destino storico delle nazioni orientali. I popoli slavi, nella sua interpretazione, si erano sempre opposti spiritualmente alla civiltà occidentale.
    L'idea della capacità unificante della Chiesa ortodossa subì un nuovo sviluppo in un breve articolo, Due prodezze del santo Alessandro Nevskij (1925), in cui Vernadsky approvava l'unità spirituale e culturale del popolo russo e ucraino e, allo stesso tempo, spiegava la loro separazione forzata come l'esito di specifiche circostanze storiche. Concentrandosi sul periodo della conquista mongola del XIII secolo, Vernadsky sottoponeva ad analisi l'attività politica delle due figure cruciali del tempo. Secondo Vernadsky, il reggente della Rus' occidentale, Daniele di Galič (1201/4-1264), commise un errore fatale avvicinandosi all'Occidente avvalendosi del supporto della Curia romana contro i Mongoli. Nella prospettiva storica di Vernadsky, la politica estera di Daniele portò alla successiva conquista della Rus' occidentale da parte dei cattolici lituani nel XIV secolo. Nella Rus' orientale, al contrario, Alessandro Nevskij (1220-1263) respinse le offerte politiche del papa Innocenzo IV (1243-1254) e scelse la subordinazione volontaria ai Mongoli. Il dominio mongolo ebbe un impatto negativo sull'economia della Rus' medievale, ma non violava i sentimenti religiosi dei russi grazie alla politica della tolleranza religiosa dell'Orda d'Oro. Di conseguenza, Alessandro Nevskij salvò l’elemento principale della cultura russa, "il serbatoio dell'energia vibrante del popolo", ossia la Chiesa ortodossa. Va notato che le fonti principali su cui poggiavano le conclusioni di Vernadsky, erano di origine religiosa. Le fonti, citate da Vernadsky, confermarono eloquentemente la correttezza dei suoi argomenti, ma, da un punto di vista metodologico esse contenevano un evidente difetto narrativo mettendo a fuoco esclusivamente i meriti spirituali del Santo Protettore della Russia.  
    In un altro articolo, Il giogo mongolo nella storia russa (1927), Vernadsky presentava la subordinazione della Rus' medievale ai Mongoli come un punto di svolta nella storia della Rus’ medievale. I Mongoli, secondo Vernadsky, contribuirono all’integrazione della Russia nel nuovo sistema globale con legami commerciali e culturali transcontinentali tra le regioni lontane dell'Europa orientale e delle coste dell'oceano Pacifico. Allo stesso tempo, l'Orda d'Oro condivideva in comune con i russi l'antagonismo politico nei confronti dell'Europa cattolica e, di fatto, salvò la Rus' orientale dall'aggressione del mondo occidentale. Vernadsky presentava le opinioni analoghe anche nella sua monografia, I tratti della storia russa (1927), che si conformava difficilmente ai criteri di una seria ricerca accademica data la quasi totale assenza di riferimenti alle fonti utilizzate. Tutti questi lavori di Vernadsky riflettevano un’evidente influenza del movimento Eurasista. Vernadsky, tuttavia, non si considerava appartenente al campo degli eurasisti e sosteneva di condividere solo alcune loro conclusioni. In particolare, nella sua interpretazione della situazione politica contemporanea, Vernadsky evitava i giudizi severi e spesso esprimeva le simpatie nei confronti del sistema politico sovietico, che, tuttavia, дивеннеро più esplicite nel periodo del suo soggiorno negli Stati Uniti (Lenin, Red Dictator, New Haven, 1931).
    Partendo dalla metà degli anni 1920, il governo cecoslovacco stava attraversando notevoli difficoltà finanziarie e tagliò le sovvenzioni statali per l'Università di Praga. Ciò ebbe ripercussioni immediate sulla vita professionale del personale docente, compreso Vernadsky. A tale effetto Vernadsky rispose con entusiasmo all'offerta inaspettata a occupare il posto di docente di storia russa nella prestigiosa Università di Yale, arrivata nel 1927. Si noti che anche in questo caso, alla nuova promozione di Vernadsky contribuirono le sue relazioni personali col mondo accademico russo. In primo luogo, alla nomina di Vernadsky contribuì la valutazione positiva del suo talento presentata da parte dello stesso Michael Rostovtzeff, la cui mediazione si era rivelata fondamentale anche per il trasferimento di Vernadsky da Atene a Praga. Di pari importanza fu il sostegno del suo amico, professore di storia russa all'Università di Yale, Michael Karpovič (1888-1959), trasferitosi in America nel 1917. L'impatto maggiore, tuttavia, ebbe l'appoggio di un professore di storia russa a Stanford, Frank Golder (1877-1929), che Vernadsky aveva conosciuto personalmente già nel 1914 a San Pietroburgo, dove Golder svolgeva una ricerca nell'Archivio imperiale.
    Nel 1927 Vernadsky si stabilì a New Haven, dove visse fino alla sua morte nel 1973. Il frutto dei primi anni di insegnamento intensivo della storia russa all'Università di Yale fu la pubblicazione nel 1929 di un manuale sulla storia generale della Russia, A History of Russia. La nuova monografia di Vernadsky godette di un enorme successo in America, tanto che il libro fu ristampato cinque volte (1929-1961) e tradotto in olandese, ebraico, spagnolo e giapponese. La popolarità del libro era dovuta al suo contenuto compatto ed eloquente, che presentava la storia russa in modo semplice e comprensibile e lo rendeva un'opera perfetta per un corso universitario di base di storia russa . Da un punto di vista metodologico, il manuale era criticabile per la mancanza di un solido apparato di riferimenti. Nonostante gli ovvi difetti, il nuovo libro di Vernadsky reggeva bene il confronto con i suoi lavori precedenti, e comprendeva, ad esempio, i tentativi di definizione del sistema statale della Rus' di Kiev.
Sul suolo americano, Vernadsky sostenne l'interpretazione del proprio maestro, Vasilij Kliučevskij, che tendeva a presentare la Rus' di Kiev come un conglomerato politico di principati indipendenti, il cui sviluppo economico-sociale era determinato dall'uso limitato della manodopera servile e con gli intensi rapporti commerciali con Bisanzio. La nuova interpretazione di Vernadsky era parte della sua polemica indiretta con gli storici sovietici che tendevano a rilevare il carattere feudale del sistema statale della Rus' di Kiev (vedi, ad esempio, B.D. Grekov, Rabstvo i feodalizm v Kievskoj Rusi).   
    Negli anni 1930-40 Vernadsky visse l'apice della sua carriera accademica ed era un gradito ospite presso le Università di Harvard, Columbia, Stanford e John Hopkins. Probabilmente, la popolarità delle sue lezioni era dovuta alla scarsa conoscenza di storia russa da parte degli storici statunitensi, come anche all'apparizione in America di un interesse parallelo verso la storia dell'Unione Sovietica. Dopo aver percepito l'interesse del pubblico americano, Vernadsky decise di scrivere una voluminosa storia della Russia che doveva coprire il periodo dal Paleolitico agli anni 1940. Il suo progetto ambizioso era destinato al fallimento fin dall'inizio a causa di impegni eccessivi assunti dallo studioso (Michael Karpovič  dovette scrivere quattro volumi finali sulla storia moderna della Russia, ma presto rinunciò alla collaborazione). Nonostante tutte le condizioni sfavorevoli Vernadsky pubblicò cinque volumi nel corso di venticinque anni.
    Nella prefazione al primo volume della sua A History of Russia, pubblicato nel 1943 con il titolo di Ancient Russia, Vernadsky rilevava la necessità di pubblicare la nuova e voluminosa Storia della Russia a causa dell'accumulo di abbondanti dati storici, offerti in una serie di studi specialistici russi ed europei. In seguito, Vernadsky criticava i suoi predecessori inclini a considerare la storia russa partendo solo dalla seconda metà del secolo IX. La ragione di una tale limitazione era la mancanza di informazioni dettagliate nelle fonti scritte a proposito dei primi secoli della migrazione slava verso l'Europa orientale. Vernadsky, tuttavia, assicurava il lettore della sua intenzione di illuminare la storia delle tribù slave orientali dal II secolo d.C.
    Il pregio del lavoro di Vernadsky consisteva nel ricorso frequente alle citazioni delle ricerche storiche russe e sovietiche sconosciute negli Stati Uniti. Tuttavia, nella prefazione del libro, Vernadsky assicurava il lettore di aver basato il suo studio sui risultati delle ricerche archeologiche di scienziati russi. Sfortunatamente per Vernadsky, al momento della stesura della monografia la ricerca archeologica sovietica era ancora agli albori. Vernadsky attingeva ad alcuni reperti archeologici illustrativi sulla costa settentrionale del Mar Nero, ma confortava le sue affermazioni circa la presunta influenza iraniana sulle popolazioni slave con interpretazioni piuttosto audaci e spesso scorrette di toponimi contemporanei della Russia meridionale. Le conclusioni di Vernadsky a proposito della necessità di studiare più profondamente l'origine del popolo degli Anti come antenati dei russi ebbero un impatto indiretto sulle ricerche sovietiche (Tolstov, S., “Drevnejšaja istorija SSSR v osveščenii G. Vernadskogo”, Voprosy Istorii 4, 1946); ma in complesso, il libro non raggiungeva il suo obiettivo principale presentato inizialmente come intenzione di descrivere l'insediamento degli slavi sul territorio della Russia moderna. La descrizione erudita delle popolazioni nomadi nelle steppe dell'Europa orientale insieme con le eloquenti citazioni degli autori bizantini, potevano impressionare il lettore comune. Tuttavia, il contenuto generale del libro dimostrava il fallimento dell'autore nel compiere il suo intento originale di descrivere, in una forma più o meno precisa, la storia degli slavi orientali in età pre-normanna.
    Il secondo volume della History di Vernadsky, pubblicato nel 1949 con il titolo di Kievan Russia, fu dedicato al periodo altomedievale della storia russa, a partire dalla metà del IX secolo fino all'invasione mongola del 1237. In questo caso, il contenuto di un nuovo lavoro di Vernadsky era del tutto coerente con il suo compito originale e comprendeva una descrizione dettagliata della storia della Rus' di Kiev. Va notata, tuttavia, la presenza di una certa incoerenza metodologica della monografia. Vernadsky introduceva il contenuto principale con una presentazione della teoria eurasista sotto l'influsso evidente di Nikolai Trubeckoj, rilevando una netta distinzione in Europa tra le sfere di influenza latino-tedesca e quella del mondo ortodosso russo-bizantino. In seguito, però, Vernadsky mostrava alcune discrepanze con gli eurasisti, che erano inclini a rimproverare sia i russi medievali come i loro connazionali contemporanei di essere intervenuti direttamente sulla politica balcanica che, nel caso del XX secolo, finì per coinvolgere inutilmente l'impero russo nella Prima Guerra Mondiale, contribuendo così alla successiva rivoluzione bolscevica. Vernadsky, al contrario, non affrontava le questioni della politica contemporanea ed esprimeva un esplicito elogio ai principi di Kiev del secolo X, che cercarono di creare un impero panslavo al fine di unire gli Slavi balcanici e orientali.
    Il terzo volume della History di Vernadsky fu pubblicato nel 1953 sotto il titolo di The Mongols and Russia, ed era dedicato, secondo l’affermazione di autore, al periodo più significativo nella storia russa legato alla subordinazione della Rus' all'impero mongolo. Nella sua prefazione, Vernadsky dimostrava la necessità di studiare questo periodo particolare nella prospettiva più ampia della politica eurasiatica mongola, poiché le decisioni più importanti politiche e amministrative nei confronti dei territori sottomessi russi furono prese, secondo l'autore, direttamente dai grandi khan mongoli a Pechino. Vernadsky, pertanto, ritenne opportuno introdurre l'esame dell'impatto mongolo in Russia con un’ampia analisi degli eventi all'interno dell'impero mongolo. Il successivo esame dettagliato della storia dell'Orda d'Oro, di fatto, occupava la parte più corposa del libro. Alla fine del suo lavoro Vernadsky prometteva al lettore di scrivere una monografia a parte sugli sviluppi politici nei territori russi propri, ma non realizzò mai la sua promessa. Inoltre, anche la parte principale della sua ricerca fu oggetto di aspre critiche da parte degli specialisti. Ad esempio, un mongolista tedesco, Berthold Spuler, espresse nella sua recensione al libro (The American Historical Review 59/3, 1954, pp 617-619), l'impossibilità di comprendere la palese riluttanza di Vernadsky a citare gli esperti occidentali sulla storia dell'Orda d'Oro.
    Il volume successivo di Vernadsky fu pubblicato nel 1959 con il titolo di Russia at the Dawn of the Modern Age, ed era dedicato agli eventi del secolo XV. A giudicare dal contenuto della sua prefazione, lo scopo di Vernadsky era di presentare il periodo della liberazione della Russia dai Mongoli alla luce dell'approccio eurasistico e di individuare quegli aspetti dell'influenza mongola che contribuirono alla centralizzazione del potere russo sotto la guida dei principi di Mosca. In generale, una dettagliata analisi delle origini dell’assolutismo monarchico russo costituiva uno degli obiettivi principali della monografia. D'altra parte, la descrizione dell'influenza mongola fu ridotta da Vernadsky a poche riflessioni, insufficientemente motivate dall'autore, che erano compensate, paradossalmente, con l'analisi dettagliata della storia delle regioni ucraina e bielorussa, basata sulle ricerche di precedenti storici russi.
    L'ultimo volume, The Tsardom of Moscow 1547-1682, uscì con un notevole ritardo nel 1969, a causa della sua massiccia dimensione. L'intenzione originale di Vernadsky era di illustrare lo Stato russo come diretto successore dell'impero di Gengis Khan. Tuttavia, fatta eccezione per una descrizione dettagliata della conquista del khanato di Kazan' nel 1552, Vernadsky lasciava uno spazio insignificante all'analisi dell'espansione a Est della Russia e dedicava la maggior parte della monografia all’esame degli eventi nel territorio ucraino. Ovviamente l'espansione russa in Occidente rappresentava il soggetto principale della sua ricerca che mirava a dimostrare la “perniciosa” influenza della politica cattolica della Polonia sia sul territorio ucraino sia sulla Moscovia durante il Periodo dei Torbidi (1598-1613), terminato con l'ascesa al potere della dinastia dei Romanov.
    Nella prefazione alla sua monografia del 1948, Kievan Russia, Vernadsky espresse esplicitamente le ragioni che lo avevano spinto a scegliere la professione di studioso della storia russa. Secondo l'autore, i ricercatori precedenti consideravano la storia della Russia come un'appendice alla storia dell'Europa occidentale o dell'Asia, non tenendo conto dell'unicità politica e culturale della sua patria. Vernadsky sostenne che la Russia doveva essere trattata a parte come un unicum politico e culturale che mai appartenne né all'Europa né all'Asia e che, per la sua definizione più precisa, doveva essere considerata come un "subcontinente euro-asiatico".
    Considerando la storia antica delle tribù slave orientali (II-IX secolo d.C.) Vernadsky non si limitava a sostenere l'evidente influenza del nomadismo delle steppe sull'Europa orientale. Secondo una ferma convinzione di Vernadsky, espressa nel libro Ancient Russia del 1943, e ripetuta quattordici anni dopo nei The Mongols and Russia, anche in tempi antichi le orde nomadi contribuirono all'isolamento delle tribù slave dal mondo latino-germanico, e, allo stesso tempo, esse introdussero fra gli antichi antenati dei russi l'ideologia del potere monarchico di origine iranica.
    Secondo Vernadsky, nel periodo altomedievale i russi erano assai esigenti nell'adottare le influenze estere e preferirono imitare i modelli culturali e amministrativi esclusivamente dai bizantini. Tuttavia, anche l'influenza bizantina sulla Rus' di Kiev era piuttosto limitata. I principi russi si rifiutarono di adottare un modello imperiale nella loro amministrazione e cercarono di rianimare le istituzioni democratiche della Grecia antica nei territori dell'Europa orientale. Nel libro Kievan Russia del 1948, Vernadsky dimostrava l'esistenza di una forte avversione dei russi medievali nei confronti di un modello governativo "oppressivo-feudale" degli europei occidentali e presentava il modello amministrativo dei principati russi come una democrazia progressiva, basata sullo sviluppo del libero commercio.
    La conquista mongola cambiò radicalmente la natura dello Stato russo. Nella prefazione ai The Mongols and Russia del 1953, Vernadsky identificava la necessità di organizzare la resistenza al “dispotismo” mongolo come causa principale per l'introduzione di un potere centralizzato dei principi moscoviti dei secoli XIV-XV, che contribuì al consolidamento graduale del successivo assolutismo monarchico dei Romanov nel secolo XVIII.
    In The Mongols and Russia del 1953 e nella successiva monografia, Russia at the Dawn of the Modern Age del 1959, Vernadsky presentava l'autoritarismo sovietico come l'esito naturale dello sviluppo storico della Russia. Secondo la sua profonda convinzione, la tendenza a introdurre regimi autoritari non era una caratteristica della mentalità russa, ma era, piuttosto, un'accettazione della necessità di organizzare la difesa contro i nemici esterni che minacciavano la Russia nel corso della sua lunga storia. Dopo l'invasione dei Mongoli degli anni 1237-1240 e in conseguenza del periodo di dipendenza amministrativa dall'Orda d'Oro, i russi ammisero la necessità di introdurre un potere monarchico illimitato per garantire la propria sicurezza e, quindi, rifiutarono forzatamente i principi originali del governo democratico.
    Secondo l'opinione di Vernadsky espressa nel successivo libro The Tsardom of Moscow 1547-1682 del 1969, la subordinazione ai Mongoli convinse i russi che al fine di garantire la sicurezza della loro patria era necessario stabilire il controllo su tutti i territori dell'impero mongolo. Il nuovo programma politico dello Stato centralizzato di Mosca mirava alla conquista dei territori tatari del Volga a metà del XVI secolo, della Siberia occidentale nel XVII secolo, delle steppe dell'Europa orientale nel secolo XVIII, e del Kazakhstan e dell'Asia centrale nel XIX secolo. Tutte queste conquiste furono compiute esclusivamente con lo scopo di garantire la sicurezza dei territori indigeni russi!
    La Chiesa ortodossa fungeva da sostegno principale per l'autocrazia monarchica e per l'espansione orientale della Russia. Il consolidamento della Chiesa ortodossa cominciò nel XIII secolo ed era, in sostanza, l'unico influsso positivo del potere mongolo che, grazie alla sua politica iniziale di tolleranza religiosa, contribuì alla prosperità economica dei monasteri ortodossi e alla fondazione delle nuove diocesi. Secondo Vernadsky, la successiva islamizzazione dei Mongoli del secolo XIV alienò i reggenti russi dall'Orda d'Oro, contribuendo così alle tendenze separatistiche e all'indipendenza dello Stato moscovita a metà del XV secolo. A differenza dei tatari islamizzati, i russi praticarono una notevole flessibilità nella politica religiosa e non richiesero dai popoli conquistati di cambiare le loro simpatie religiose. Nel libro Tsardom of Moscow 1547-1682, Vernadsky prestava un'attenzione particolare alla descrizione della conquista del khanato tataro di Kazan' nel 1552 e rilevava l'eccezionale tolleranza confessionale dei russi nei confronti dei musulmani subordinati. Tuttavia, sembra in qualche modo incoerente la rappresentazione da parte di Vernadsky della conquista di Kazan' come un “trionfo” dell'ortodossia sull'Islam, contenuto nella stessa monografia. L'autore asseriva esplicitamente che l'idea dell'espansione russa si basava sul proselitismo ortodosso e che la conquista della regione del Volga era accompagnata dalla fondazione di nuove diocesi ortodosse a est e dalla costruzione di una cattedrale al centro della Kazan' conquistata.
    Nel libro Kievan Russia del 1948, Vernadsky poneva l’accento sul ruolo centrale della Chiesa di Roma nei tentativi di realizzare l'asservimento dei russi. Secondo l'autore, gli europei occidentali diedero inizio alle loro spinte aggressive nella seconda metà del XIII secolo verso tutti, senza eccezione, i confini dell'Europa orientale e continuarono la loro espansione fino all'attacco della Germania nazista contro l'Unione Sovietica. Se nei primi secoli dell'aggressione i cattolici riuscirono a estendere le proprie conquiste fino alle rive del Dnepr, in seguito, nel 1945, i territori slavi furono restaurati nei confini del periodo precedente all'inizio dell'espansione occidentale. Il primo a organizzare la resistenza russa era Santo Alessandro Nevskij, che si affidò al supporto mongolo e fu in grado di fermare l'espansione occidentale in un periodo di forte indebolimento politico degli ortodossi.
    I russi furono sotto la seria minaccia di essere convertiti al cattolicesimo per la seconda volta con l'arrivo della notizia della conquista di Costantinopoli da parte dei Turchi nel 1453 e con le proposte parallele dell’unione ecclesiastica presentate dalla Curia romana. Nel libro Russia at the Dawn of the Modern Age, Vernadsky dedicava uno spazio notevole alla descrizione dei fermenti religiosi a Mosca nella metà del XV secolo per presentare il contesto storico dell'ideologia della Terza Roma, consolidata successivamente grazie agli sforzi dei leader ortodossi durante il regno di Ivan IV il Terribile (1547-1584). Vernadsky, quindi, dimostrava una vocazione messianica della Chiesa ortodossa che salvò il popolo russo dagli effetti "nocivi" dell'ideologica latina.
    Diverso, secondo Vernadsky, era il destino storico della Russia occidentale, dove la resistenza della Chiesa ortodossa all'Occidente fu privata del supporto di un governo centralizzato. Negli ultimi tre volumi della sua A History of Russia, Vernadsky costantemente tornava alla "questione ucraina", nonostante la promessa di concentrarsi sulla storia della Russia vera e propria. Almeno una metà del libro The Tsardom of Moscow 1547-1682, era dedicata alla descrizione dell'espansione polacca in Europa orientale e ogni tentativo dell'autore di fornire un'analisi imparziale della partecipazione moscovita nel conflitto ucraino-polacco falliva di fronte all'espressione della condanna nei confronti "dell'egoismo" dell'aristocrazia ucraina, che preferì le condizioni favorevoli di resa all'Occidente ai veri sentimenti ortodossi del popolo ucraino. L'idea di Vernadsky di una sincera simpatia dei russi ortodossi nei confronti di un tragico destino dei loro corregionali, fungeva, piuttosto, da una giustificazione conveniente per la successiva espansione occidentale dell'impero russo.


Le ricerche di Vernadsky raggiunsero una straordinaria popolarità negli Stati Uniti con la pubblicazione dei suoi più noti contributi durante il periodo 1929-1953. Le opere di Vernadsky continuano a influenzare la giovane generazione dei ricercatori russi.
Nelle sue opere, Vernadsky tendeva a considerare ogni particolare periodo della storia russa sullo sfondo dei cambiamenti globali nell'ambito del continente eurasiatico. La critica di esperti, specializzati nei particolari aspetti storici trattati da Vernadsky, ha evidenziato difetti nella sua interpretazione di specifici eventi storici. D'altra parte, tutti i recensori dei suoi libri ammettevano anche l'aspetto positivo inerente l'approccio metodologico di Vernadsky, avvantaggiato dalla capacità di confrontare gli esiti della storiografia occidentale con le conclusioni degli storici sovietici, poco conosciute in America prima dell'arrivo di Vernadsky negli Stati Uniti nel 1927.
La vivace carriera di George Vernadsky comprende una serie di successi accademici, spesso alternati ad amare delusioni, che, a loro volta, rivelarono opportunità nuove e inaspettate, a cominciare dai suoi studi presso l'Università Imperiale di Mosca nel 1905 e fino alla sua nomina come professore ordinario di storia russa nella prestigiosa Università di Yale nel 1946

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1967

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1968

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“Iz vospominanij. Gody učenija. S.F. Platonov”, Novyj žurnal 100, pp. 196-221.

“N.O. Losskij”, Zapiski Russkoj Akademičeskoj Gruppy v SŠA 4, pp. 183-186.

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1972

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“Russland, Ungar, Feldzug von 1849”, Ferdinandy Festschrift, West Berlin.


Pubblicazioni postume


1974

“Očerki po istorii nauki v Rossii. Čast' IV”, Zapiski Russkoj Akademičeskoj Gruppy v SŠA 8, pp. 17-212.


1975

“Očerki po istorii Nauki v Rossii. Čast' V”, Zapiski Russkoj Akademičeskoi Gruppy v SŠA 9, pp. 133-164.

1978

Russian Historiography: A History, Belmont, MA.