Ultimo aggiornamento: 25 maggio 2021
Scheda a cura di: Kolbaba T. M.
Saggio incentrato sui primi scritti bizantini contro l’aggiunta latina della formula del Filioque nel Credo (IX secolo). Dopo avere definito la letteratura eresiologa come l’espressione di una identità religiosa che si definisce attraverso il riconoscimento, anche distorto, di un “altro” religioso e dopo aver ripercorso alcuni momenti salienti delle polemiche dottrinali più significative dall’età di Costantino il Grande fino alla riconciliazione seguita all’età dell’iconoclasmo, l’autrice introduce il IX secolo chiamando in causa coprotagonisti il patriarca Fozio, il papa Niccolò I e i barbari, Bulgari e Slavi. In effetti proprio la competizione in ambito missionario, che pone fianco a fianco esponenti del clero franco con emissari greci e romani in Europa centrale e sudorientale, porta alla luce differenze che saranno alternamente impugnate per sopraffare la parte avversa. Il primo testo bizantino analizzato è l’enciclica ai patriarchi orientali (epistola 2) attribuita a Fozio. Nella lettera il patriarca chiede ai patriarchi di Alesssandria, Antiochia e Gerusalemme di collaborare all’estirpazione degli errori che i vescovi latini hanno inculcato per si sofferma in particolare su tre testi attribuiti a Fozio (le epistole 2 e 291 e la Mystagogia) e un trattato di Niceta Bizantino. La ricostruzione del dibattito che coinvolse la Sede Apostolica permette all’A. di dedicare parte del lavoro (cap. 8) ad una lettera di papa Niccolò I, rivolta al vescovo Incmaro di Reims il 23 ottobre dell’867 e esemplificativa della reazione romana alle accuse di eresia formulate in ambito bizantino.